Da circa cinque anni la sua vita prosegue in Giappone, dove lavora in qualità di direttore tecnico della Milan Academy di Tokyo. Stiamo parlando di Manuel Belleri.
Lunga è stata la sua carriera da terzino destro, che lo ha visto giocare in Serie A con le maglie di Empoli, Udinese, Lazio, Atalanta e Bologna. A dicembre 2013 ha appeso gli scarpini al chiodo una volta concluso il biennio alla Spal nella vecchia Prima Divisione. Poi l’esperienza con il club rossonero.
Contattato in esclusiva da “Europa Calcio“, l’ex calciatore, 42 anni, ha parlato della situazione nel paese del Sol Levante relativa al coronavirus. Senza dimenticare le inevitabili difficoltà del calcio italiano legate a questo momento.
Così esordisce: “Vivo a Tokyo da cinque anni e lavoro per il Milan. Al momento c’è una situazione non molto bella, con grossi problemi. Anche qui c’è il lockdown ma è un po’ più soft di quello italiano, perché è vero che dobbiamo portare anche noi guanti e mascherine, ma possiamo uscire e muoverci liberamente. La verità è che con il discorso delle Olimpiadi hanno cercato di resistere in tutti i modi, tenendo bassi i numeri ufficiali dei contagi, e facendo pochi test e pochi tamponi. Sembrava infatti tutto nella norma“.
Segue la J1 League?
“Certamente. Non ha nulla a che vedere con la Serie A, ma il livello è buono. Negli stadi l’atmosfera è molto positiva, non esiste la contestazione dei tifosi. Ad averlo saputo prima, avrei chiuso volentieri qui la carriera da giocatore“.
Quanto al campionato nostrano, la gente è molto divisa su quando eventualmente riprendere. Lei cosa pensa?
“Per prima cosa, ma come già hanno detto tanti, la salute è fondamentale e viene prima di tutto. Ma nello stesso tempo anche il mondo economico deve ricominciare. Bisogna però cambiare i modi di lavorare. E’ vero che ora il trend è molto migliorato, ma finché non c’è un vaccino e nemmeno una cura per il coronavirus, il rischio rimane. E a settembre, quando farà meno caldo, il problema potrebbe riproporsi. Con un solo giocatore infetto si fermerebbe tutto di nuovo. Si dovrebbe ricominciare intanto a porte chiuse, e utilizzando appunto metodi diversi, anzitutto isolando i giocatori, non più in gruppo in spogliatoi e docce singole. E’ bene pensarci“.
Si è fatto un’idea sulle frequenti dichiarazioni, spesso pungenti, di Lotito e Diaconale?
“Ho seguito tutto a distanza. Conosco Lotito perché è stato il mio presidente. Ha una visione molto futuristica delle cose, e infatti molte cose che ha detto in passato sono poi accadute realmente. La sua comunicazione è, passami il termine, molto “feroce”. Ma in realtà nella sua mente c’è quello che ho detto poco fa: lui sta già pensando a come ripartire, e con le dovute precauzioni“.
C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere o che si sarebbe voluto sentire chiedere?
“Dico che sono mesi di grande difficoltà, seguo cosa sta accadendo in Italia con un grande dolore al cuore. E’ qualcosa di tremendo. I miei genitori e la mia ragazza hanno il coronavirus. Mio padre ha avuto la polmonite. Ora stanno tutti meglio, la febbre è andata via, ma non sentono ancora odori e sapori. Siamo stati comunque fortunati rispetto a tante altre persone. Dobbiamo essere tutti forti e responsabili“.
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