Calil: “La società passa, la maglia resta: sostenete la Salernitana! La promessa di Lotito durante la festa con la Casertana…”

Parole d’elogio per il suo mentore Leonardo Menichini, “un uomo con gli attributi, che è sempre andato avanti per la sua strada facendosi scivolare addosso tutte le critiche”. Il ricorso agrodolce della sua esperienza di Salerno, chiusa con “una cessione decisa all’ultima giornata, non puntarono più su di me pur avendomi fatto altri tipi di ragionamenti nel giorno della festa promozione”. La certezza, però, è che Caetano Calil è entrato di diritto nel cuore della tifoseria granata, un pubblico caldissimo che raramente si affeziona ai giocatori come accaduto con lui in quella magica stagione 2014-15. Arrivò in punta di piedi, al termine di una trattativa lunghissima che lo strappò ad una concorrente americana. L’esordio così e così col Cosenza, il gol di Martina Franca e poi una costante evoluzione che gli permise di essere il capocannoniere della squadra. Lui che non era un centravanti puro, che saltò diverse partite nel girone di ritorno per infortunio e che non ha mai pensato a sè stesso, al punto da concedere i rigori ai suoi compagni accantonando il duello in vetta con Eusepi. La redazione di TuttoSalernitana lo ha intervistato durante la trasmissione “SeiTv” condotta dal nostro direttore Luca Esposito e da Lella Ventura; tante le domande anche del direttore di GranataCento Maurizio Grillo e, soprattutto, di tantissimi telespettatori che hanno interagito in diretta ricordando gol ed emozioni di quella cavalcata trionfale:

Che voto attribuire al mercato della Salernitana?

“Un 7, senza dubbio. Devo dire che mi dispiace per la partenza di Curcio, è un ragazzo molto legato alla maglia e poteva giocare ad occhi chiusi in questa squadra. Stesso discorso per Fella, un attaccante fortissimo e che avrebbe avuto le motivazioni giuste per vivere una stagione da protagonista. Ad ogni modo, però, ripartire dal tandem DjuricTutino non è roba da poco, stiamo parlando di un elemento di spessore assoluto per la categoria. Conosco benissimo Belec, abbiamo condiviso l’esperienza di Crotone. Con Castori ci sarà molta solidità e meno spazio allo spettacolo, questa può essere un’arma a doppio taglio: sicuramente i risultati sono sempre l’unica medicina, ma la gente di Salerno vuol vedere anche un gioco interessante e propositivo, altrimenti i giocatori tecnici possono essere penalizzati”.

Che partita è stata a Verona?

“Vincere col Chievo non è mai semplice. Nel primo tempo c’è stata grande sofferenza, ma alla fine l’hanno sbloccata solo su un errore individuale. Nella ripresa c’è stata una crescita collettiva, il gol su palla inattiva premia un giocatore molto generoso come Djuric. So che nel finale ci sono state delle polemiche per un rigore non concesso a loro, ma quello che conta è che la Salernitana abbia portato a casa 4 punti in due partite contro avversari di buon livello”.

Conosci Baraye?

“Non personalmente, ma oggi ho parlato con Gabionetta e mi ha assicurato si tratti di un ottimo giocatore. Ha corsa, gamba, personalità, capacità di saltare l’uomo e una forza fisica importante. Non si stanca mai. Il mio amico Denilson mi ha detto cose lusinghiere sul suo conto, non possiamo che fidarci”.

Che momento sta vivendo il calcio italiano?

“Non è un momento facile, per tanti motivi. Ci sarebbero davvero tante cose da dire. Partiamo dagli infortuni. Oggi si dà molta importanza all’aspetto fisico e atletico, pre questo gli allenamenti sono più duri e i problemi muscolari sono all’ordine dl giorno. Ci si dimentica che, a calcio, si gioca con i piedi e serve anzitutto qualità. C’è poi il discorso dei giovani. In Lega Pro si gettano nella mischia tanti ragazzi inesperti per il famoso discorso delle regole e dei contributi, però se scegli un allenatore che pensa solo a difendersi e si schiera con il 5-4-1…cosa insegni a questi atleti? Come li fai crescere? Sono d’accordo che il risultato è la panacea di tutti i mali, ma la programmazione implica anche la presenza in panchina di un mister che dia idee di gioco innovative, che contribuiscano alla crescita dei singoli e del collettivo. Altrimenti, se sei sempre rinunciatario, prima o poi ne paghi le conseguenze”.

Angolo amarcord. I ricordi più belli di Salerno?

“E’ una domanda che mi fanno in tanti. Qualcuno ricorda la doppietta col Catanzaro, altri il rigore con il Barletta. Io preferisco non soffermarmi su nessun episodio in particolare perchè Salerno è stata un’emozione a prescindere, tutti i giorni. A Curcio ho detto proprio questo: mi dispiace tanto non abbia potuto percepire allo stadio e da protagonista il calore di una piazza come Salerno. Il pubblico è veramente l’uomo in più, tante volte siamo riusciti a vincere alla fine non solo perchè eravamo bravi, ma anche per la forza e la carica che ci trasmettevano. Serve a poco creare spaccature quando si tifa per la stessa squadra e si vuole conseguire lo stesso obiettivo”.

Però oggi quel pubblico manca, c’è volontà di disertare a prescindere e fino alla fine della stagione. Giusto così?

“Secondo me no. Ero allo stadio quando ci fu la protesta degli ultras, con lo striscione e il lancio dei palloni. Si percepisce l’amarezza della piazza, se penso che appena 5 anni fa c’erano 22mila persone in serie C mi viene la malinconia. Sottolineo, però, un concetto: i presidenti passano, Calil passa, l’allenatore passa, la dirigenza passa…ma resta la maglia. Allo stadio si va per tifare il simbolo, la casacca, i colori granata. Non Lotito, Mezzaroma o Fabiani. Ogni protesta è sempre legittima, ci mancherebbe, ma cosa c’entrano i calciatori? A chi giova un Arechi vuoto? Bisogna imparare a distinguere le due cose”.

Quando firmasti per la Salernitana hai percepito la volontà di vincere fino alla B o c’erano progetti di altro genere? I tifosi temono che la regola sulla multiproprietà freni le potenziali ambizioni…

“Vi svelo un aneddoto. Durante la festa promozione contro la Casertana, il presidente Lotito mi prese in disparte mentre si godeva la curva in festa. Mi disse: “Siamo solo all’inizio, non hai visto ancora nulla e vedrai che grandi cose faremo”. A me davano l’impressione di essere ambiziosi e di non volersi fermare alla B. Certo, due playout e tre campionati altalenanti non hanno creato l’entusiasmo giusto”.

Come mai la Salernitana non è mai riuscita a centrare i playoff?

“Secondo me è un errore stravolgere la rosa ogni anno. Nella passata stagione si era creata una base, i granata erano pienamente nei playoff al 45′ di Salernitana-Spezia. Poi è andata male, ma le rivoluzioni sul mercato non portano a nulla. A Crotone vincemmo perchè la dirigenza e la proprietà mantennero l’ossatura della squadra per diverso tempo. E’ accaduta la stessa cosa allo Spezia. Non capisco perchè a Salerno ci siano sempre tutte queste cessioni, anche di calciatori che sono appena arrivati. Si deve creare una identità, per un giocatore è importante legarsi al territorio e sapere di rappresentare un punto di riferimento sia dentro, sia fuori il rettangolo verde. Questa situazione di incertezza non aiuta”.

Torniamo a quel campionato. Quanto è stato importante Menichini?

“Una persona perbene, con gli attributi. Era quello che serviva alla Salernitana. Ha sempre ragionato con la sua testa, mi ha voluto fortemente e mi ha dato fiducia. Fosse dipeso da lui avrei fatto l’esordio già alla prima giornata, ma avevo svolto appena due allenamenti con il gruppo e mi sembrava prematuro. CI siamo tolti una bella soddisfazione, il mister ha fatto la sua parte”.

Lanzaro in campo dopo la morte del padre, Mendicino che lascia lo stadio di Matera in ospedale. Due fotografie che raccontano la storia di un grande gruppo…

“E’ vero, sono stati momenti emotivamente intensi ma che hanno fatto la differenza. A Matera eravamo spaventatissimi, nessuno di noi voleva riprendere la partita. Forse gli avversari sì. E così, appena l’arbitro ci diede l’ok per rientrare in campo, trasformammo la paura in rabbia. Eravamo mentalmente fortissimi, facemmo gol dopo 20 secondi. La vincemmo in 10 contro 11, proprio come accadde a Catanzaro. Lanzaro diede un esempio incredibile, quella squadra era pronta a tutto pur di riportare Salerno in B. Ne valse la pena, ricordo ancora i festeggiamenti in tutta la provincia e per tante settimane”.

Come mai Calil è andato via da Salerno?

“Mi ricollego al discorso fatto prima: ci sono calciatori che si legano alla maglia e che mai penserebbero di essere messi in discussione. Lotito, durante la festa, mi fece capire che ero parte del progetto, ma se arrivano subito altri 2-3 attaccanti e vai sempre in panchina nelle gare amichevoli o di coppa Italia significa che non sei ritenuto importante. Sarei rimasto, per amore di Salerno, anche come quarta scelta. Giocandomi le mie chance di volta in volta. Nelle ultime 48 ore di mercato, invece, il mio agente e la dirigenza spinsero per il trasferimento a Catania, a titolo definitivo. Solo loro sanno come siano andate realmente le cose, fosse dipeso da me non avrei mai lasciato la vostra città e quella grande tifoseria”.

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