Discutibili le scelte di Ventura, la ripresa è frutto dell’assenza di qualità in campo. A destra il Pisa ha trovato praterie

Chi si aspettava una Salernitana spumeggiante come quella che ha dato spettacolo contro Pordenone, Benevento e Pescara era totalmente fuori strada. Tre mesi di inattività rappresentano una incognita per tutti, figuriamoci per chi scende in campo in piena emergenza, in uno stadio vuoto, con 30 gradi all’ombra e alcuni giocatori che erano fermi già da febbraio a causa di gravi infortuni o problemi muscolari di vario genere. Allo stesso tempo, però, la prestazione è stata abbastanza deludente a cospetto di un Pisa che, senza strafare, ha comunque strappato un pareggio meritato rischiando addirittura di vincerla nel finale per una palese superiorità fisica e grazie al buon approccio dei subentranti. Ventura, a nostro avviso, si è giocato male la carta dei cinque cambi. Sapendo che determinati giocatori non erano al massimo sul piano fisico, ci chiediamo perchè non tenere in panchina uno tra Kiyine, Lombardi e Cerci per avere un ricambio di qualità nella ripresa. Non è un caso che la Salernitana sia crollata nei secondi 45 minuti, quando la qualità ha lasciato spazio alla fisicità di Di Tacchio e Capezzi. Non propriamente fulmini di guerra con la palla tra i piedi. In pratica è stato regalato un tempo ad un Pisa che ha incassato e ringraziato, addirittura con qualche recriminazione.

Il 3-4-3 iniziale doveva garantire imprevedibilità e cross a ripetizione, in realtà le distanze tra i reparti non erano quelle giuste: Lombardi era troppo basso e talvolta si pestava i piedi con l’evanescente Cerci, sull’out opposto Kiyine palesava limiti inconsueti. E’ evidente che il marocchino dà il meglio di sè quando parte da centrocampo e con la possibilità di guardare la porta e puntare l’uomo. E così, a tratti, diventava un vero e proprio 3-4-2-1, con Cerci e Kiyine che stringevano verso il centro favoriti dalle sponde di Djuric e dalla capacità di Lopez e Lombardi di sovrapporsi con continuità. In fase di non possesso è apparso chiaro sin da subito ci fossero buchi enormi sulla destra. D’Angelo si è adeguato e riusciva a colpire la Salernitana attaccandola alle spalle e con una giocata estremamente elementare, ma allo stesso tempo efficace. Con Akpro costretto ad allargarsi per tutare le falle e Billong portato fuori posizione da Masucci bastava un lancio dalla trequarti per avviarsi verso la porta di Vannucchi, per fortuna ben protetto da Aya e Jaroszynski. “Alessio, attento alle spalle” ha urlato più volte il mister a Cerci notando difficoltà anche sui falli laterali a sfavore. L’azione del vantaggio, tuttavia, è un qualcosa di studiato in allenamento: verticalizzazione a memoria di Dziczek, taglio di Lombardi e movimento sul secondo palo di Djuric, pronto a ribadire in rete l’eventuale respinta. Proprio in quel momento, con un Pisa costretto a sbilanciarsi, si dovevano esaltare le caratteristiche della squadra, ma il pari subito a freddo stravolgeva ogni piano.

Soprattutto perchè progressivamente uscivano Kiyine, Lombardi, Dziczek e Cerci. I quattro elementi di maggior qualità. E una squadra in debito d’ossigeno, già abbassatasi molto e incapace di orchestrare azioni degne di nota, non poteva che concedersi completamente anche a causa dell’approccio orribile di Maistro (che non ha convinto come esterno), Di Tacchio, Capezzi e Giannetti, un autentico pesce fuor d’acqua. Qualche retropassaggio kamikaze (altro errore non corretto da inizio stagione) metteva i brividi ai pochi intimi dell’Arechi, l’assenza di condizione atletica spingeva i calciatori a non tentare più i contrasti per non arrivare puntualmente secondi. Eppure in tre circostanze si aprivano ampi spazi per un contropiede quattro contro due, l’arma letale rimasta nel cassetto e che ha sparato a salve. Un 1-1 complessivamente giusto, una Salernitana non così brutta come sembrerebbe dalla descrizione ma deludente rispetto alle potenzialità e alle premesse della vigilia.

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