Iervolino, due mesi per capire che il calcio è mondo a parte. Nessun processo, ma ora occorre “il giusto compromesso”

Sono bastate poche settimane a Danilo Iervolino per capire quanto entusiasmo e buona disponibilità economica non bastino per districarsi con facilità in una giungla come quella del calcio. Certamente i suoi primi mesi a Salerno, al netto di una posizione di classifica deficitaria e dell’incombente rischio retrocessione, gli avevano prospettato un’ immagine un pochino distorta della realtà: l’accoglienza con i tappeti rossi (soprattutto per aver sostituito gli “odiati” romani), interviste su tutti i giornali locali, nazionali ed esteri, l’ovazione dei 25mila dell’Arechi, la possibilità di collaborare con professionisti di fama come Sabatini e Nicola, il pareggio con i futuri campioni d’Italia del Milan, il dominio a Roma per 80 minuti fino all’entusiasmante rincorsa finale coincisa, sì, con il mortificante 0-4 interno con l’Udinese, ma anche e soprattutto con la prima storica salvezza in A dei granata. Probabilmente questa escalation di emozioni e di soddisfazioni non gli ha permesso di capire da subito quanto il calcio fosse azienda e mondo a parte, un contesto laddove spesso prevalgono logiche diverse e in cui fare i Don Chisciotte significa per davvero combattere contro i mulini al vento. Siamo certi che, alla fine, il presidente allestirà una squadra competitiva pur con un ritardo evidente sulla tabella di marcia che ha deluso buona parte degli sportivi salernitani come certificato dallo scarso numero di abbonamenti sottoscritti.

A gennaio Iervolino poteva tranquillamente proiettarsi già alla serie B investendo il minimo indispensabile, invece ha operato una autentica rivoluzione in tre settimane rivoltando la rosa come un calzino, valorizzando al massimo i buoni giocatori ereditati dalla precedente gestione e mostrando entusiasmo, forza di volontà e quel pizzico di “follia” (nel senso più positivo e affettuoso del termine) che ha consentito di crederci anche quando il Torino espugnava l’Arechi e sugli spalti si cantava “Che importa se…è arrivata la retrocessione”. Figuriamoci, dunque, se vuol dilapidare tutto in una sola stagione. A patto, però, che questi due mesi abbiano lasciato in eredità qualche insegnamento ad un professionista volenteroso al massimo ma che, a gennaio, riconoscendo la sua inesperienza si era affidato….al più esperto in assoluto. Ora, invece, la sensazione è che l’amore travolgente di Salerno e la popolarità garantita dalla piazza e da questo meraviglioso sport abbiano portato a perdere un attimo la bussola. C’è chi parla di mercato pur svolgendo altri ruoli, chi promette un colpo in avanti mentre il direttore sportivo smentisce, chi ancora sogna Cavani, Mertens e Milik e oggi sta avendo difficoltà anche a chiudere con giocatori svincolati. E se poi si lascia trasparire all’esterno, ingenuamente, che c’è la volontà di prendere Pinamonti a 20 milioni, è logica e triste conseguenza che gli agenti, le società e gli atleti vedano nella Salernitana la “gallina dalle uova d’oro”, giocando su tanti fattori per assicurarsi il contratto della vita. Ha ragione Nicola quando afferma occorra un compromesso. Bene fa De Sanctis a raffreddare gli entusiasmi del presidente che avrebbero comportato spese enormi, ma ora si inizia a fare sul serio e a questa Salernitana mancano due difensori di livello (non basta limitarsi al sostituto di Lovato), un esterno sinistro, una alternativa a Mazzocchi se dovesse andar via per davvero, due centrocampisti di livello e il bomber ormai promesso dal 23 maggio.

A nostro avviso occorrerebbe anche un portiere di spessore, ma Sepe gode della fiducia di tutti e… dobbiamo fidarci anche noi. Sperando possa aggiungere punti alla classifica senza limitarsi all’ordinaria amministrazione. Tra dieci giorni arriva la Roma, probabilmente la Salernitana avrebbe rischiato grosso a cospetto dello squadrone che sta allestendo Mourinho pur presentandosi con tanti nuovi acquisti di livello. Ma mai avremmo pensato, con tali promesse e premesse, di correre il rischio di vedere in campo dall’inizio Kechrida, Cavion, Veseli e Kristoffersen, passato da Carneade super criticato a possibile riconfermato. Quanto basta per capire come il mercato proceda a rilento. A questo punto poteva bastare anche mantenere l’ossatura che ha consentito di raggiungere la salvezza (su tutti Verdi, Djuric, Ranieri ed Ederson, che tra un anno poteva essere venduto al triplo) inserendo i tasselli di prospettiva già arrivati (e che non vanno sottovalutati) aspettando il momento giusto per il colpo. Ad oggi, invece, una marea di rifiuti, un Nicola che parla di “rosa non competitiva” e una tifoseria appassionata come sempre, ma che non ha certo l’entusiasmo del bimestre aprile-maggio che fece la differenza. C’è tempo per rimediare e per lanciare un segnale, ricordandosi però che il mercato chiuderà quando si saranno giocate già 4 partite e che, dopo la Roma, all’Arechi arriveranno da subito tutte le dirette concorrenti. Stavolta non ci si potrà permettere di andare alla sosta con un distacco enorme dalla quartultima, non sempre ci sarà Maenpaa a fare il miracolo…

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