Multiproprietà, nessuna norma vieta la A: Covid e 2012 favoriscono il cambio di regola. Caso plusvalenze? Bolla di sapone

In una città che si è riscoperta improvvisamente amante più delle carte federali che del rettangolo verde, uno dei temi più gettonati è senza dubbio quello della famosa multiproprietà. Saremmo anzitutto curiosi di sapere quanta gente che sul web si riempe la bocca con l’oramai famosissimo “articolo 16 bis delle Noif” abbia effettivamente letto la regola e quanti, invece, parlino per moda ritenendo che la doppia proprietà sia il male del calcio italiano. Da questo punto di vista il Covid ha invece spianato la strada verso un consolidamento della multiproprietà: soldi non ce ne sono, le entrate sono pari allo zero, la crisi economica è senza precedenti e non si potrà certo penalizzare un imprenditore facoltoso soltanto perchè il cognato detiene le quote di un altro club. Oddio in Italia, in questo Paese di ipocrisia e contraddizioni, non ci meraviglierebbe che dessero spazio al Cala di turno e non a De Laurentiis junior o Mezzaroma, ma per fortuna un primo segnale di buonsenso è arrivato nel 2012, quando questa famosa regola fu cambiata in 10 secondi. All’epoca dei fatti, come dichiarò con preoccupazione anche il direttore generale Danilo Pagni, c’era un pizzico di apprensione “perchè bisogna capire su quali criteri iscriveranno la squadra. Lo stesso personaggio non può essere proprietario di due club nel professionismo”. Dunque non nella medesima categoria. La FIGC cambiò il regolamento pur inserendo, successivamente, Lazio e Salernitana in zone diverse del tabellone di coppa Italia. Si potevano scontrare solo in finale. Assolutamente improbabile, ovvio, ma teoricamente non impossibile.

Venendo ai fatti attuali, è opinione diffusa che Lotito e Mezzaroma non allestiscano volutamente squadre attrezzate per la vittoria del campionato, falsando la competizione e venendo meno ad una regola fondamentale che obbliga ciascuno a “schierare la miglior squadra possibile per il raggiungimento dei massimi obiettivi”. Posto che una spesa media annua di 12 milioni di euro non è consona a chi vuole soltanto “galleggiare”, facciamo ulteriore chiarezza rispetto alle inesattezze pubblicate da alcune pagine facebook che, utilizzando impropriamente il nome Salernitana anche a costo di distorcere la realtà, scrivono ancora oggi che le regole vietino la vittoria del campionato di serie B. Assolutamente falso. Non c’è nessuna legge, nemmeno un cavillo burocratico, in cui la Salernitana sia frenata da qualcosa. Lo hanno confermato in tempi passati anche il presidente della Lega B Mauro Balata e il presidente della FIGC Gabriele Gravina, gli stessi che hanno promesso di approfondire la questione in ottica riforma dei campionati. Ma veniamo all’attualità. Il famoso articolo 16 bis delle Noif recita testualmente quanto segue: “Non sono ammesse partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale. Ai fini di cui al comma 1, un soggetto ha una posizione di controllo di una società o associazione sportiva quando allo stesso, ai suoi parenti o affini entro il quarto grado sono riconducibili, anche indirettamente, la maggioranza dei voti di organi decisionali ovvero un’influenza dominante in ragione di partecipazioni particolarmente qualificate o di particolari vincoli contrattuali. L’inosservanza del divieto di cui al comma 1 costituisce illecito e comporta su deferimento della Procura Federale, l’applicazione delle sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva. L’avvio del procedimento disciplinare comporta la sospensione dei contributi federali, da revocarsi in caso di pronuncia definitiva, favorevole alle società. Permanendo l’inosservanza del divieto di cui al comma 1 alla scadenza del termine, annualmente fissato, per la presentazione della domanda di iscrizione al campionato, le società oggetto di controllo non sono ammesse al Campionato di competenza e decadono dai contributi federali”.

Al momento dell’iscrizione al campionato è prevista la deroga di 30 giorni al verificarsi di una di queste due condizioni: successione obbligatoria causa morte e salto di categoria dettato da “fatti non riconducibili alla volontà dei soggetti interessati”. Per fare una battuta basterebbe che Lotito dicesse:”Volevo salvarmi, mi sono ritrovato secondo e non volevo”. Si capisce da sè non solo che nessun imprenditore avrebbe avviato un percorso del genere senza dovute garanzie (che non possono essere certo essere messe alla luce del sole, tutto legale ovviamente), ma anche che è una norma piena di incongruenze e facilmente attaccabile. In pratica si potrebbe dare anche un’altra chiave di lettura, su sponda laziale. A Salerno parte della critica dice “non possiamo salire in A”, a Roma potrebbero ribattere dicendo che “se la Salernitana va in A, noi veniamo estromessi dalle coppe europee”. Sì, perchè la regola prevederebbe l’esclusione di entrambe! Vi pare razionalmente possibile? E posto che in 30 giorni un acquirente si troverà senza problemi (alcuni dei legali che seguono la Salernitana assicurano che il trust sia pista percorribile, ma l’avvocato Gentile è scettico ed esclude questa ipotesi) e ricordando che Lotito e Mezzaroma sono azionisti ma in realtà i contratti li firma l’amministratore unico granata (indicato dalle carte e dallo statuto come primo riferimento del club) ed è stato lui, ad esempio, a denunciare tentativi di estorsione, caso scommesse pre Pordenone e pressioni social ai calciatori in trattativa. E’ un caso, secondo voi?

C’è poi il discorso delle plusvalenze, tirato in ballo da un giornale che fa capo al presidente del Torino Urbano Cairo che, guarda caso, è anche in lotta con Lotito per ottenere punti a tavolino per la querelle tamponi. Ebbene, in virtù di una multitudine di trattative da sempre avvenute nella storia (di recente Rovella è passato alla Juventus per 20 milioni di euro, si sarebbe svincolato a zero dal Genoa tra pochi mesi) e di bilanci pubblici non c’è assolutamente nulla di illecito e non si può paragonare al caso Chievo-Cesena che pure è stato tirato in ballo da qualcuno. Ogni società può dare al cartellino di un suo tesserato il valore che ritiene più opportuno. Altra bolla di sapone che però aveva tanto galvanizzato chi, addirittura, sta sposando le tesi di Galliani. A conclusione di tutto questo discorso (che sicuramente sarà oggetto di ironie e commenti fuori luogo, ma sono tutti ormai schedati e i nomi sono sempre gli stessi) chiudiamo con una domanda: ma quando la Salernitana vinceva i campionati e 25mila persone festeggiavano all’Arechi, non sapevano che Lotito fosse presidente anche della Lazio? Quando l’ex Sindaco De Luca disse che “affideremo la società a Lotito perchè per noi è un enorme vantaggio avere alle spalle un club di fama internazionale” ci fu un autentico boato al Comune, come mai si solleva la questione solo quando non si vince? Se davvero qualcuno ritiene che la Salernitana non vinca apposta e che ci siano manovre preconfezionate, vada alla Procura della Repubblica e denunci tutto in presenza di prove. Tutti appoggerebbero questa battaglia. Viceversa si pensi a sostenere la Salernitana. Ovviamente i gruppi ultras hanno scelto una linea che va rispettata, vedere 5 anni quasi in fotocopia lascia intendere che la fiducia verso la proprietà sia quasi pari a zero e certo non aiuta vedere a Salerno gli esuberi laziali e non investimenti di proprietà. Ma non c’è nessuna regola che frena sogni ed ambizioni della piazza.

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