E’ difficile dimenticare quali sensazioni stessimo provando un anno fa a quest’ora. Una vigilia di Capodanno totalmente anonima, per i giornalisti ma soprattutto per i tifosi. Qualcuno decise addirittura di isolarsi dalla famiglia e di chiudersi in camera in attesa di notizie ufficiali. Tanta, troppa era la paura di perdere fuori dal campo quella serie A riconquistata con pieno merito e che rischiavamo di perdere per l’ostracismo di una Federazione che vedeva nella Salernitana il male del calcio italiano. Chi vi scrive non dimentica un solo secondo di quel 31 dicembre 2021, quando le telefonate con gli amici o i lettori del nostro sito avevano contenuti diversi rispetto alle abitudini. Non era più “Auguri di buon anno” ma “Ce la facciamo, vero?” talvolta anche con lacrime amare e rabbia incontrollabile. Un cenone amaro, a tratti indigesto, trascorso più sugli smartphone che a tavola per buona pace di chi, non nutrendo i medesimi sentimenti, si chiedeva come potessero “undici calciatori strapagati che corrono in mutande dietro ad un pallone condizionare gli umori di decine di migliaia di persone”. Fino alle prime ore del mattino l’ipotesi più accreditata era quella di una richiesta di proroga che presumibilmente la Federazione avrebbe bocciato. C’era chi parlava già da presidente senza versare caparre, c’era qualche mitomane che infangava trattative realmente esistite spacciandosi per consulente o ancora chi si aggrappava alle bufale dei pagliacci di professione che, su quella vicenda, hanno costruito la loro vanagloria riemergendo dall’anonimato. Della Valle, bandiere tricolori, cordate, la macchina di Radrizzani intravista all’esterno di un albergo, interviste esclusive nientemeno che a Nuccilli. Mamma mia! E poi il lodevole tentativo del notaio Orlando e dell’avvocato Tedesco, due tifosi che proprio non accettavano l’idea di fallire ancora. Per la terza volta in pochi anni. E infine quel gruppo capeggiato da Agnello che cercava di racimolare qualche milione di euro per fare un’offerta in extremis di valore comunque inferiore a quanto stimato dai trustee.
Nel tardo pomeriggio, tuttavia, le nubi all’orizzonte iniziarono a sparire. Il nome di Danilo Iervolino, rilanciato da alcune testate nazionali e ripreso poi dai siti locali, scaldava il cuore dei tifosi. “Forse c’è una speranza, forse ce la facciamo. Retrocediamo? Chissenefrega! Basta che la Salernitana continua ad esistere e ci liberiamo di trust, guazzabugli burocratici, disponenti e avvocati”. Può un audio whatsapp cambiare l’umore di decine di migliaia di persone in un secondo e far amare un anno che non era ancora nemmeno cominciato? Sì, lo può. “La Salernitana è nostra, festeggiate!”. “Ma sarà vero?”, “E’ una fake news?”, “Aspettiamo notizie ufficiali” e via con un tam tam mediatico senza precedenti. Invece era tutto vero. Danilo Iervolino era il nuovo proprietario della Salernitana. Basta doppie proprietà, basta trattative legate a filo doppio con la Lazio, basta spaccature, basta legare il calciomercato al numero di abbonamenti sottoscritti, basta sminuire una storia fatta di passione, amore e sacrificio a prescindere dal numero di trofei esposti in bacheca. E Iervolino, da abile comunicatore e imprenditore eccellente, seppe subito toccare le corde del cuore. Da “Con voi ci gioco a palline” a “Voglio un sinallagma d’amore” il passo è stato breve, musica per le orecchie di una piazza nella quale ha deciso di investire riconoscendole enorme dignità sportiva.
Quella che portò 25mila persone a inscenare una coreografia da brividi a ridosso dell’esclusione o a chiedere l’estromissione da tutti i campionati pur di ritrovare identità e libertà. Poteva rimandare tutto a giugno, vivere di rendita per sei mesi e risparmiare qualche euro in virtù di una classifica che non lasciava spazio alla speranza, invece il patron materializzò un miracolo sportivo: milioni di euro sul tavolo, Sabatini al posto di Fabiani e Nicola in panchina per tentare l’impresa. 2-2 col Milan, pari in rimonta con Bologna e Sassuolo prima di una serie di sconfitte consecutive. Tremenda quella di Roma, ancor peggio andò la settimana successiva quando si iniziava il riscaldamento e arrivava la notizia del vantaggio del Cagliari. -12, è finita. Macchè! Fazio-Ederson e doppio vantaggio in tre minuti, scommettiamo ancora sul 7%. E poi Verdi al 95′, l’Arechi che fece vincere la partita con la Fiorentina, il dominio a Bergamo, il 2-1 col Venezia. E se è vero che è raro salvarsi dopo uno 0-4 in casa, è altrettanto vero che senza Altare al 99′ e il rigore sbagliato da Perotti a Empoli avremmo festeggiato addirittura con 180 minuti d’anticipo. Talmente incredibile quello che abbiamo vissuto che ogni tanto consultiamo ancora internet per essere certi che il Cagliari non abbia segnato a Venezia. E poi la seconda parte di stagione, fatta di momenti esaltanti e passi falsi inattesi ma con un +10 sulla zona retrocessione, calciatori di livello internazionale in campo, investimenti milionari, un Arechi spesso gremito e progetti in prospettiva futura che giustificano dichiarazioni in ottica Europa. E poi…vuoi mettere la soddisfazione di vincere in rimonta per 3-1 a casa Lotito, di vedere tre calciatori disputare i mondiali o Ribery sotto la Sud che bacia il cavalluccio nel giorno dell’addio al calcio. Da brividi.
Sembra passata una vita, eppure un anno fa a quest’ora Iervolino era ignoto ai più. Almeno nel mondo del calcio. Oggi è quell’ancora di salvezza a cui Salerno vuole aggrapparsi per tornare a sognare dopo anni bui pur essendo vincenti. La storia del sinallagma d’amore chiude il primo capitolo, se ne apre un altro che partirà con 30000 cuori granata a battere all’unisono e i campioni d’Italia ai quali si spera di mettere lo sgambetto come accadde a febbraio. Buon anno e “buon primo compleanno” al presidente, a Maurizio Milan, all’avvocato Fimmanò. Il bello deve ancora venire.
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